Quando la fragilità diventa globale

Il repertorio delle reazioni (inadeguate) dinanzi al Coronavirus

di Luigi Alici* – «Ciò che è comune alla massima quantità di individui riceve la minima cura»: quando il buon vecchio Aristotele affidava al II° libro della sua Politica questo pensiero, non avrebbe mai immaginato che, dopo circa 23 secoli, saremmo stati ancora lì: la minima cura per ciò che è comune.
Quanto sta accadendo in questi giorni è un’occasione per tornare a meditare quelle parole: alla cura della comune fragilità si preferisce il possesso del proprio immediato tornaconto.
E non è vero che le criticità ci rendono in automatico più buoni e collaborativi: il più delle volte sono semplicemente il detonatore di attitudini e atteggiamenti profondi. Come in un momento difficile, l’iracondo si acceca anziché ragionare di più; come nel vecchio la saggezza può anche diminuire, facendolo diventare egoista fino all’inverosimile: allo stesso modo, di fronte a un’emergenza globale ognuno può dare il meglio o il peggio di sé, a seconda che il barometro del suo vissuto sia stato prevalentemente volto verso il peggio o verso il meglio.
Il repertorio delle reazioni più inadeguate, in alcuni casi francamente intollerabili, dinanzi all’esplosione del contagio da Covid-19, potrebbe essere piuttosto lungo:

1. I faciloni
Ma dai, non dar retta, non farti condizionare, continua tranquillamente a fare quello che hai fatto prima. Solo gli ingenui possono abboccare a questa campagna mediatica

2. I catastrofisti
Stavolta la cosa è troppo grossa, l’angoscia mi sta divorando. Sono sicuro che non ci dicono tutto, siamo alle soglie dell’Apocalisse, Dio ci sta mandando gli ultimi avvertimenti

3. I dietrologi
Vorrebbero farci credere che è un virus come un altro? Mica siamo scemi! Siamo le vittime incoscienti di una strategia diabolica: hanno prodotto un virus in laboratorio per vendere un vaccino e stoppare così tutte le polemiche sui vaccini

4. I “benaltristi”
I veri problemi che abbiamo sono altri: l’inquinamento, il surriscaldamento del pianeta, le speculazioni finanziarie, le guerre… Si muore davvero per altre cose, di cui nessuno vuole che si parli davvero

5. Gli opportunisti
Non tutto il male viene per nuocere, questa è un’occasione d’oro: per farmi notare, per vendere di più, per occupare il centro della scena, per dare l’ultima spallata ai miei avversari politici.

Questo arcipelago di atteggiamenti, spesso mescolati tra di loro, può offrire il pretesto ideale per tirare fuori il peggio di una persona: il razzista timido diventa sfrontato, il giornalista discreto diventa aggressivo, il politico cinico diventa spietato, persino il credente può sbandierare una fede incattivita e sognare un Dio vendicatore…
Eppure…
Eppure c’è per fortuna anche un’altra Italia: nelle professioni di cura c’è chi non si risparmia, non guarda più ai turni di lavoro, porta la sua dedizione a livelli eroici; nelle amministrazioni pubbliche, nelle imprese, nel volontariato, nelle famiglie c’è chi immette, in silenzio e dedizione, fermenti costruttivi di solidarietà disinteressata.
Il tempo libero può consumarsi nella rabbia, nell’ozio, in un uso compulsivo della rete; oppure può diventare il tempo della lettura intelligente, delle passeggiate ristoratrici, degli incontri amichevoli, persino della preghiera discreta e profonda.…
Quando la fragilità diventa globale, siamo ancora una volta dinanzi a un bivio: evitiamo di prendere la strada sbagliata.

(Testo pubblicato su Dialogando, il blog di Luigi Alici)

*Docente di Filosofia morale all’Università degli Studi di Macerata, dove insegna anche Etica fondamentale e dirige la Scuola di Studi Superiori “Giacomo Leopardi”. Tra le sue opere: InfinitaMente. Lettera a uno studente sull’università, EUM, Macerata 2018; I conflitti di valore nello spazio pubblico. Tra prossimità e distanza, Aracne, Roma 2017 (a cura di); Il fragile e il prezioso. Bioetica in punta di piedi, Morcelliana, Brescia 2016; Ha curato l’edizione de Il libro della pace. La città di Dio, XIX di sant’Agostino, ELS-La Scuola, Brescia 2018. È stato presidente nazionale dell’Azione cattolica italiana dal 2005 al 2008 e dal 2001 al 2005 ha diretto la rivista culturale dell’Ac «Dialoghi».

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